Ormai coltivo la certezza di trovarti e questa sensazione è strana.
Pensavo che avrei passato le mie notti a bestemmiare chiedendo a dio o a chi per lui di cancellare il buio della notte in modo che il chiarore mi permettesse di correre da te, sedermi ad aspettare con il respiro corto e il cuore devastato dentro il petto.
Invece resto qui a respirare questo mare come se tutto il tempo fosse soltanto un attimo gravido d’attesa, pieno di te.
Quasi assaporo questa nuova urgenza dei tuoi occhi come se fosse un vino prelibato, da sorseggiare lentamente.
Tanto lo so che tornerai.
Se sei arrivata fino a qui è perché mi cerchi, perché hai bisogno di sentire nuovamente le mie mani sulla pelle e anche se questa certezza mi stupisce non ho l’urgenza, non ho l’assillo.
Forse ho solo la paura.
Forse dietro questo stupore c’è un lieve senso di sgomento o forse di rammarico per tutto questo tempo passato ad aspettare il tuo passaggio, nascosto dietro il mio dolore, celato dalla rabbia.
Forse mi rendo conto che avrei potuto veramente attenderti sotto la tua finestra e poi portarti in una casa con le pareti spesse e i muri intonacati, farti sedere sul terrazzino che guarda direttamente dentro la mia vita.