Per qualche tempo rimango appeso tra la certezza di una follia che ha definitivamente preso possesso dei miei occhi e le domande che si affollano dentro la testa, come una moltitudine in preda al panico, in preda ad una necessità assoluta di sapere.
Se solo avessi la certezza che tu sia ancora lì, davanti a questo mare, io volerei attraverso il vento e rimarrei per ore a inebriarmi con il tuo profumo, guardarti per fissare nei miei occhi ogni più piccolo dettaglio e riempire in questo modo il vuoto dei lunghi anni in cui l’assenza ha consumato la mia vita come una febbre spaventosa.
Ma non ci sei, ne sono certo.
Non è possibile che tu abbia trovato questo mare tra i mille che potevi attraversare.
Non ho lasciato tracce, non ho lasciato lacrime o sguardi a indicare quale strada ti avrebbe condotto fino a me.
Per molto tempo il mio cammino è stato un lungo costeggiare i tuoi confini: sedermi ad aspettarti proprio vicino alle tue mani e mai che sia inciampato sui tuoi passi.
E ora dovrei credere alle menzogne che gli occhi, i miei occhi, hanno cominciato a raccontare?
E se davvero fosse?
E se davvero tu avessi continuato a bussare a ogni porta fino ad arrivare qua, fino a metterti seduta proprio a due passi dalla mia follia?
Stupido vecchio che ancora crede nelle dicerie e i chiacchiericci sull’amore eterno, quello che non si acquieta mai, neppure quando viene ucciso, trapassato, da lame che ne squarciano le carni.
Vecchio incapace, preso dalla tua vita piena di strade senza uscita e labirinti che hanno confuso sguardi e possibilità.
Lo sai, ti devo confessare che in questo mio cercarti non ho trovato traccia di rimpianti.
Mi sono detto mille volte che non avevo strade da percorrere se non immergermi in quel dolore atroce che poi ha distrutto la mia vita.