Stanotte il vento è ancora più feroce.
Sembra che voglia strappare via la pelle, lasciare la mia carne nuda e riportarmi indietro i giorni in cui chiudere gli occhi non era sufficiente.
Me li ricordo, sai, i giorni in cui morire sembrava l’unico rimedio per non sentire più dolore.
Me la ricordo quella sete immensa di respiri che non riuscivo mai a calmare perché non eri più la donna che viveva nei miei occhi.
Io sento ancora addosso il suono innaturale delle tue parole, lo sento intorno come un brusio sommesso che non mi lascia mai e ancora io mi chiedo come sia stato possibile vedere solo quello di cui avevo necessità per continuare a vivere.
Quasi la rabbia che attraversa il tempo riesce a tranquillizzare le mie mani.
Non tremano più e sento l’aria che riesce finalmente ad arrivare in fondo.
Gli occhi si chiudono e per un lungo istante mi sembra quasi di riuscire a non sentire niente di più che questo cuore che nonostante tutto continua a battere caparbio.
C’è stato un giorno nella mia vita in cui ho avuto netta la percezione di essere dentro di te come se fossi in una casa calda, conosciuta, senza che qualche cosa dovesse essere lasciato fuori dalla porta.
Era così piacevole, sai, come aver viaggiato per continenti oscuri e mare in tempesta fino a una casa abbarbicata sulle rocce, coi muri spessi, bianchi di calce e un terrazzino direttamente affacciato sui tuoi occhi.