Era
il mio sogno, sai, aprire la finestra di mattina e respirare il mare.
Ora che sono qui, guardo questo orizzonte umido di acqua e a volte mi
confondo, mi sembra un luogo conosciuto, un’isola, dove
è possibile trovare cielo, aria da respirare.
Accade quando i ricordi volano via come gabbiani ubriachi di salsedine.
Allora il mare sembra che sia il luogo adatto alle mie lacrime,
l’unico posto dove si possa stemperare questo dolore cupo che
corre nelle vene.
Riesco a restare immobile per ore
oppure chiudo
semplicemente gli occhi e penso a te.
Rivedo all’infinito il tempo in cui la rabbia ha cancellato
il desiderio lasciandomi i tuoi occhi in bella mostra a ricordarmi che
eri tu quella che accendeva i giorni.
Rivedo il lento sfilacciarsi di tutte le parole, svuotate dai
significati noti, ridotte a baluardo di difesa, luoghi dove nascondere
la propria solitudine.
Rivedo i tuoi silenzi, gli occhi
che parlano,
come una litania che ubriaca, che confonde, che non permette mai di
allontanarsi nemmeno di un respiro, nemmeno di un minuto.
Rivedo te e questo acquieta la mia ansia allo stesso modo in cui la
voce, la tua voce, era l’unico rimedio alla paura.
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