Volevo raccontarti di questo tempo immobile che non si accorge mai del vento che si è alzato; tempo che passa inutilmente, senza lasciare tracce.
Volevo anche lasciarti entrare un’altra volta, l’ultima, direttamente dentro l’anima così da farti vedere cosa è rimasto dei miei sogni.
Mi accorgo che il dolore è qui, dappresso, maldestramente ricoperto di polvere sottile. È quasi un predatore, mi scruta da lontano, attende.
Poi, improvvisamente, come se fosse un’onda, attacca, mi travolge, strappa dalle mie mani questa certezza fragile di sopravvivere al silenzio, al buio.
Poi se ne va di nuovo lasciandomi ogni volta un poco più sicuro che non avrà mai fine.
Ci sono giorni in cui i pensieri vanno legati saldamente a questo mio mondo in bianco e nero perché non si confondano, non si attorciglino. Giorni in cui guardare non è davvero sufficiente e tutto si ferma qualche centimetro prima del mio cuore.
Volevo dirti che non ho smesso mai di ascoltare il flebile sussurro delle persone che calpestano questo universo per riconoscere tra mille il tuo respiro dentro questo uragano.
Volevo dirti tutte queste cose, volevo che guardassi.
Volevo solo un attimo di luce.